sabato 17 settembre 2016

Sul Perché

Come si resta incollati ad una musica, una canzone, senza più poterne uscire fuori. Un cupola che che ci isola da tutto, l'unico desiderio è di riascoltarla "ad libitum".
Non ho mai inteso come fosse possibile, non per le note che verranno a noia né per il testo che molto spesso  rivelerà semplice ed ingenuo.
Eppure in quel momento, che presto diverrà un fluire continuo, niente vi è di più simile alla nostra vita. Un concentrato di sensazioni, di emozioni, di paure, di follie e persino di normalità che fuoriescono dalla nostra "camera oscura" per andarsi a concentrare, un punto infinitesimo di pensieri a densità infinita, in quei pochi minuti.
E subito alla fine veniamo presi dall'ansia. Bisogna colmare un vuoto, uditivo più che emotivo ma forse il tutto si sovrappone.


Allora medito. 
I Bauhaus già nel nome mi evocano emozioni potenti. Un suono strascicato, lento, indeciso che avvolge un insieme di parole non troppo complesse.

"Houston, abbiamo un problema". Immediatamente Tom Hanks si affaccia nel mio cervello, ma sono gli anni ottanta e la luna è già distante, le utopie architettonice fallite e rimangono solo i decadenti scantinati berlinesi dove loro suonavano, avvolti dal fumo malsano di molteplici sigarette.

Vivrò più a lungo (e pioverà come argutamente mi fece notare Woody Allen) ma lo ricordo con affetto.

E qualche conclusione infine riesco ad agguantarla, ma la tengo per me...