Uno degli eventi che sopporto con stoica rassegnazione è il blocco della linea B della metropolitana di Roma. Accade con frequenza e porta se va bene a noiosissimi rallentamenti, altre volte invece tutto si ferma e riparte il giorno dopo.
Giustappunto qualche giorno fa ricevo una telefonata da parte di una mia amica che mi era venuta a trovare e da poco si era messa sulla via di casa che con la voce rassegnata al peggio mi informa dell'inevitabile.
Vabbè, quando viene il momento mi armo di sovrumana pazienza e vado a vedere se il problema è risolto. No. Allora mi dirigo tosto verso una fermata di torpedoni che, l'un per l'altro, mi potrebbero riportare verso la dimora avita.
Ed ecco la prima sorpresa, ne passa uno, non proprio quello giusto ma lo facciamo andare bene lo stesso, e non è strapieno. Buon per me mi dico; però la situazione si fa pesante con il passare delle fermate, visto che ormai la triste notizia si è sparsa e i grigi cittadini tentano comunque di (as)salire: molti ci riescono e quasi sulla dirittura d'arrivo ormai stretto in un'intimità imbarazzante con un aitante signore di circa 2000kg di stazza decido di scendere. Mi pare di essere in una zona conosciuta, ma sì basta andare di là e più o meno arriverò...dove?
La pioggia inizia a scendere copiosa ma il pratico giaccone di recente acquistato fa il suo dovere, quantunque il cappuccio enorme e pelosissimo mi impedisce la visione periferica. Vado avanti e inizio a pensare ai fatti miei felice di poterlo fare. Non fosse per la stanchezza o la fretta (di fare cosa? lavorare?) camminerei più spesso nelle mie giornate.
Mi fermo, poggio la compattina su una panchina senza legno e tenedola ferma con dolcezza scatto. Ecco qua le gialle luci al neon che illuminano un micro-giardinetto perso nella città...
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