venerdì 19 giugno 2015

...un nuovo percorso...

Ho lavorato per molti anni nello stesso luogo e considero l'immobilismo, quantomeno quello geografico, una ricerca inesauribile, un'araba fenice da inseguire fino allo stremo delle forze. Eppure per caso o per amore sono ben sei gli spazi dove ho prestato servizio; sei singolarità incastrate tra le mura della rigonfia capitale, ed ogni volta sei diversi percorsi per raggiungerle.



Sottoterra, al chiaro del sole, muovendo pedali o solo consumando le suole ogni volta cambia il tragitto e con lui le coordinate del vivere. Dal centro dove conta l'apparenza ed è necessario ricoprire con una spessa vernice tutte le crepe del quotidiano trascinarsi ai potenti palazzi mussoliniani che inevitabilmente producono fascino e approvazione. Ho visitato quella che un tempo era periferia ed ora è solo un grumo rappreso di ricordi ormai superato dall'avanzare di palazzi sempre meno credibili.



Ora seguo la strada ferrata, l'antico mito del progresso che guarda ad ovest, anche se i vertici della rosa dei venti ormai sono privi di significato. Dunque un'altra parte di città, un altro insieme meraviglioso di enormi palazzi che sembrano sempre vuoti, pochi esseri li attraversano e neppure il sottopasso dell'autostrada è più abitato. Stazioni fantasma che si logorano lentamente, quasi puoi vedere i minuscoli microgrammi di cemento che si staccano incessantemente. Schiere di costruzioni che rivendicano una progettualità possente, almeno quanto il fallimento dell'esecuzione. Chi li abita sa, è cosciente, considera le possibilità infinite del luogo? Così ogni mattina resto affascinato dai fili dell'alta tensione, mi meraviglio della commistione tra il vuoto dei prati incolti e l'altrettanto vuoto di questi giganti. 



Quando calerà il silenzio sarò felice...

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